Dal 2024 nei fringe benefit entrano il rimborso dell’affitto e del mutuo.

Dal 2024 nei fringe benefit entrano il rimborso dell’affitto e del mutuo.

Il rimborso da parte del datore di lavoro delle spese di affitto e degli interessi sul mutuo per l’abitazione principale ai lavoratori sarà esente da imposte e contributi previdenziali, con una nuova tassazione agevolata sui prestiti. Questi sono i principali argomenti trattati dalla circolare 5/2024 dell’Agenzia delle Entrate.

Quest’anno, i fringe benefit non concorrono a formare il reddito dei lavoratori entro il limite complessivo di mille euro: tale limite è stato raddoppiato a 2mila euro per i dipendenti con figli fiscalmente a carico; per beneficiare di questa detrazione, il lavoratore dovrà dichiarare di averne diritto indicando il codice fiscale dei figli.

Qualora il limite di mille o 2mila euro venga superato, l’intero importo sarà assoggettato ad imposte e contributi e non solo la parte eccedente i suddetti limiti. Rientrano nelle soglie di esenzione i buoni spesa, i buoni carburante e le somme rimborsate ai lavoratori per le utenze domestiche come l’acqua, l’elettricità e il gas naturale.

Nel 2024, le somme erogate dal datore di lavoro quale rimborso delle spese di affitto e degli interessi sul mutuo della prima casa potranno rientrare nei limiti di esenzione sopradetti. Secondo l’Agenzia delle Entrate, la “prima casa” è l’abitazione principale in cui il contribuente o i suoi familiari risiedono abitualmente e da cui è possibile ottenere detrazioni sugli interessi passivi del mutuo o sugli affitti.

Le spese rimborsabili esentasse devono riguardare immobili a uso abitativo posseduti o detenuti dal dipendente, dal coniuge o dai familiari, purché dimorino abitualmente e ne sostengano le spese effettive.

Anche se parte del contratto il coniuge o di un altro familiare del lavoratore, possono essere rimborsate le spese per l’affitto o gli interessi sul mutuo, a patto che l’immobile costituisca l’abitazione principale del lavoratore. Le “spese per l’affitto” includono il canone del contratto di locazione regolarmente registrato e pagato durante l’anno 2024.

Va da sé che le somme rimborsate dal datore di lavoro non sono deducibili nella dichiarazione dei redditi; il datore di lavoro deve acquisire e conservare la documentazione necessaria per dimostrare che il rimborso è stato considerato nei limiti dell’esenzione fiscale e contributiva.

In alternativa, il datore di lavoro può acquisire e conservare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà rilasciata dal dipendente che attesti la presenza dei requisiti previsti dalla norma. In ogni caso, il lavoratore dovrà dichiarare di non aver richiesto rimborsi nè totali nè parziali per le stesse spese al datore di lavoro o ad altri soggetti.

Per quanto riguarda la tassazione dei prestiti concessi dal datore di lavoro ai dipendenti, l’importo che concorre alla formazione del reddito corrisponde alla metà della differenza tra gli interessi calcolati al TUR (tasso ufficiale di riferimento) e quelli calcolati al tasso effettivamente praticato sui prestiti.

A tal riguardo, il Decreto-legge 145/2023 prevede che:
 per i prestiti a tasso variabile, si deve considerare il TUR in vigore alla data di scadenza di ciascuna rata.
 per i prestiti a tasso fisso, il TUR da considerare è quello in vigore alla data di concessione del prestito o alla data di stipula del contratto di accollo/subentro/rinegoziazione/surroga del mutuo.

Questa novità in materia di prestiti si applica anche per l’anno 2023: la ritenuta deve essere applicata al momento del pagamento delle singole rate del prestito, secondo il piano di ammortamento relativo.

Palermo, Roma, 22 marzo 2024

Avv. Dott. Angelo Pisciotta