appalto e responsabilità solidale

appalto e responsabilità solidale

Ai sensi dell’art.1655 c.c. viene definito appalto il contratto con il quale una parte (appaltatore) assume, con organizzazione di mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro, a favore di un altro soggetto (committente).

 Pertanto, affinché si configuri un ipotesi di contratto di appalto, è necessario che l’appaltatore:

– impieghi un organizzazione di mezzi;

– si assuma i rischi della realizzazione dell’opera o del servizio;

– sia in possesso di un comprovato livello di specializzazione e professionalità.

La responsabilità solidale in materia di appalto è disciplinata dall’art. 29 comma 2 e 3 ter del D.Lgs. 276/2003, e dall’art. 21 D.L. 5/2012. Tali articoli stabiliscono che, il committente imprenditore o datore di lavoro, è obbligato in solido con l’appaltatore nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote del TFR, i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti per il periodo di esecuzione dell’appalto.

Il Ministero del Lavoro ha altresì precisato che, il riferimento al limite dei due anni è riferito all’appalto esistente tra committente ed appaltatore, e quindi al contratto di appalto stipulato tra tali soggetti.

Tale limite costituisce un termine di decadenza che opera con riferimento all’esercizio dell’azione non solo da parte del lavoratore, che risulta essere creditore delle somme dovute a titolo di retribuzione, ma anche da parte degli Istituti previdenziali, creditori delle somme dovute a titolo di contributi.

Da ciò si evince che, il termine decadenziale di due anni si riferisce all’azione dell’Istituto di Previdenza nei confronti del responsabile solidale, mentre resta operativa l’ordinaria prescrizione quinquennale prevista per il recupero contributivo nei confronti del datore di lavoro inadempiente (appaltatore o eventuale subappaltatore).

Si pensi ad esempio ad un lavoratore che svolga l’attività lavorativa in favore di una società appaltatrice e che cessi il rapporto di lavoro il 31/12/2012. Successivamente, alla data del 28/02/2013 l’azienda appaltante provvede al pagamento della somma indicata nel contratto di appalto, e a distanza di un anno dalla cessazione del rapporto di lavoro, e precisamente il 31/12/2013 il lavoratore chiede all’azienda appaltante il pagamento del TFR. In virtù sia del termine decadenziale, sia della responsabilità solidale, l’azienda appaltatrice è tenuta al pagamento del TFR al lavoratore licenziato anche se ha già pagato il corrispettivo del contratto di appalto, salvo poi il diritto di esercitare l’azione di regresso disciplinata dall’art. 1299 c.c..

Il committente, per tutelarsi contro eventuali richieste di pagamento delle retribuzioni non percepite, può provvedere di far stipulare delle polizze fideiussorie all’azienda appaltatrice.

Un’altra forma di garanzia cui potrebbe ricorrere il committente è quella di trattenere una percentuale sull’importo del corrispettivo, da svincolare al completamento dell’opera e dopo aver dimostrato che l’appaltatore abbia adempiuto a tutti gli obblighi di natura sia retributiva, compreso il TFR, sia contributiva.

Naturalmente, sia la richiesta di polizza fideiussoria sia la trattenuta sul corrispettivo devono essere previste nel contratto di appalto.

Per ciò che concerne le sanzioni civili, invece, ai sensi dell’art. 29 comma 2 del D.lgs. 276/2003, modificato dall’art. 21 del D.L. 5/2012, di queste ne risponde solo il responsabile dell’inadempimento, e non il committente. In ogni caso la responsabilità solidale non opera qualora il committente sia una persona fisica che non esercita attività di impresa o professionale.

La responsabilità solidale riguarda tutti gli obbligati, ma l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori. Successivamente, il committente che ha eseguito il pagamento, al posto dell’appaltatore, può esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali.

Nel caso in cui il committente si sostituisca alla società appaltatrice inadempiente e paghi la somma dovuta in relazione ad un rapporto di lavoro, il committente stesso è anche responsabile d’imposta così come sancito dall’art. 64 comma 2 del D.P.R. 600/1973.

Recentemente il D.L. 83/2012 è intervenuto in materia di responsabilità solidale, prevedendo che in caso di appalto di opere o di servizi, l’appaltatore risponde in solido con il subappaltatore, nei limiti dell’ammontare del corrispettivo dovuto, del versamento all’erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta dal subappaltatore all’erario in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del rapporto di subappalto.

Al fine di limitare o di escludere la responsabilità solidale dell’appaltatore, quest’ultimo deve effettuare una verifica sul corretto adempimento degli obblighi da parte del subappaltatore, e proprio per questo motivo viene data all’appaltatore la possibilità di sospendere i pagamenti nei confronti del subappaltatore fino all’esibizione della documentazione che attesti i corretti pagamenti delle ritenute fiscali e previdenziali, ad esempio, con una asseverazione da parte di un professionista.

Pertanto, il committente provvede al pagamento del corrispettivo dovuto all’appaltatore previa esibizione da parte di quest’ultimo della documentazione che attesti il corretto adempimento di tali obblighi. In caso di mancato rispetto di tali adempimenti, a carico del committente sono previste apposite sanzioni amministrative pecuniare che oscillano da un minimo di € 5.000 ad un massimo di € 200.000.

Palermo 27 novembre 2012

                                                                                                Angelo Pisciotta