Ridotte le sanzioni per omesso versamento dei contributi previdenziali.

Ridotte le sanzioni per omesso versamento dei contributi previdenziali.

Il decreto-legge n. 48/2023, cosiddetto “Decreto Lavoro” pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 103 il 4 maggio 2023, recante “misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”, modifica l’impianto normativo in merito alla disciplina delle sanzioni amministrative in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali.

L’omesso versamento dei contributi previdenziali per un importo inferiore a 10.000 euro annui, entro i termini stabiliti per Legge, prevede per il datore di lavoro (o committente), l’applicazione di un sistema sanzionatorio amministrativo consistente nell’addebito di somme aggiuntive, a titolo di sanzioni, che maturano in relazione al ritardo nel versamento.

In particolare, l’art. 3, comma 6 del decreto legislativo n. 8/2016 ha modificato l’articolo 2, comma 1-bis del decreto-legge n. 463 del 1983, per cui il datore di lavoro che omette il versamento delle ritenute previdenziali per un importo inferiore a 10.000 euro annui riceveva una sanzione che varia da 10.000 a 50.000 euro.

La conseguenza è che, ad esempio, nel caso di un contribuente che ha omesso o pagato dopo i termini versamenti di 50 euro, l’Istituto ha, prima dell’entrata in vigore del Dl n.48/2023, applicato la sanzione minima prevista pari a 10.000 euro con possibilità di ulteriore riduzione alla metà, cioè a 5.000 euro nel caso di pagamento entro 60 giorni dalla notifica. In questo modo, è abbastanza evidente la sproporzione tra l’importo di contributi omessi (50 euro) e l’entità della sanzione comminata (10.000 euro).

In particolar modo, l’articolo 23 del D.L n.48/2023, eliminando tale sproporzione, incide sulla disciplina delle sanzioni amministrative in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali, stabilendo che, se l’importo omesso non supera i 10.000 euro annui, la sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro si sostituisce con quella da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso, prevedendo, dunque, un profilo sanzionatorio più ragionevole.

Quindi, nell’esempio di cui sopra, del contribuente che ha omesso o pagato dopo i termini contributi previdenziali di 50 euro, l’Inps, invece di applicare la sanzione di 10.000 euro, con possibilità di ulteriore riduzione alla metà, cioè a 5.000 euro, applicherà la sanzione da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso. Pertanto, nell’esempio, la sanzione sarà da 75 euro a 200 euro.

Dunque, la nuova disciplina dettata dal decreto lavoro modifica il meccanismo di individuazione e calcolo degli importi e si collega all’importo delle ritenute omesse stabilendo un limite minimo di 1 volta e mezza l’importo della ritenuta e un limite massimo di 4 volte l’importo omesso, garantendo importi più sostenibili per il trasgressore.

Nel rispetto del principio della legge più mite, sancito dalla Corte costituzionale (sentenza 63 del 2019) la nuova legge si applica anche per il passato.

Infatti, la natura punitiva della sanzione amministrativa permette l’equiparazione della sanzione amministrativa a quella penale, con conseguente applicazione del principio della retroattività in bonam partem (articolo 2, comma 2, c.p.). Consegue che, per effetto dell’introduzione della norma sotto il profilo sanzionatorio più mite, si potrà procedere direttamente all’irrogazione della sanzione così come rimodulata dal D.L n.48/2023.

Al riguardo, è importante sottolineare che per quanto riguarda la rideterminazione degli importi degli accertamenti già trasmessi si attendono, ancora, indicazioni sulle modalità di calcolo da parte dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.

Nel caso in cui la nuova sanzione risulti più grave, in base al principio di legalità, non può applicarsi alle violazioni già commesse prima del 5 maggio 2023 (data di entrata in vigore del decreto). Inoltre, se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato» (articolo 3, comma 2, del Dlgs 472/1997, titolato “principio di legalità”).

È opportuno precisare che, come in precedenza, il datore di lavoro non è punibile se provvede al versamento delle ritenute entro 3 mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione, ed inoltre, resta, altresì, confermata la pena di reclusione fino a 3 anni e la multa fino a 1.032 euro, come previsto anche in precedenza, per l’omissione del versamento di importi superiori ai 10.000 euro.  Su tale aspetto, si evidenzia che l’omesso versamento da parte del datore di lavoro delle ritenute previdenziali è stato qualificato dal Legislatore come ipotesi speciale del reato di appropriazione indebita, in quanto il datore di lavoro, che omette di versare le ritenute previdenziali, si “appropria” di somme del dipendente, delle quali aveva in realtà una semplice disponibilità provvisoria. Tale pena è stata sostituita da sanzione civile per gli importi inferiori a dieci mila euro.

Da ultimo occorre rilevare che il decreto pone un termine perentorio per le violazioni realizzate dal 1° gennaio 2023 entro il quale effettuare da parte dell’Istituto la notifica degli estremi della violazione al trasgressore, in deroga al regime ordinario previsto dall’art.14 della legge n.689/1981.

Infatti, mentre prima dell’entrata in vigore del Decreto-legge n.48/2023 gli estremi della violazione potevano essere notificati ai residenti del territorio italiano entro il termine di 90 giorni dall’accertamento e a quelli residenti all’estero entro il termine di 360 giorni decorrenti dell’accertamento, la nuova disposizione prevede che gli estremi della violazione debbano essere notificati entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello del mancato adempimento.

Palermo, Roma, 23 maggio 2023

Avv. Dott. Angelo Pisciotta