Il licenziamento per scarso rendimento

Il licenziamento per scarso rendimento

Nel momento in cui il lavoratore, in un determinato periodo di tempo, non riesce a raggiungere gli obbiettivi prestabiliti o la sua prestazione risulta inferiore ai risultati ottenuti dalla media dei colleghi addetti alle stesse mansioni, rischia il licenziamento per scarso rendimento.

Per “scarso rendimento” del dipendente, si intende una prestazione lavorativa non corrispondente alle aspettative e alle esigenze del datore di lavoro, risultando poco utile al soddisfacimento dell’interesse prefissato dall’impresa. Quindi, il licenziamento sarà legittimo nel caso in cui il rendimento del lavoratore risulti insufficiente e la prestazione resa non soddisfi l’interesse del datore.

La questione su cui ci si divide da tempo riguarda la natura del licenziamento e se lo stesso debba essere ricondotto nell’ambito del motivo soggettivo o in quello oggettivo: il licenziamento per scarso rendimento, infatti, presenta caratteri comuni alle due ipotesi, mescolando al suo interno il motivo soggettivo e quello oggettivo.

Lo scarso rendimento soggettivo

Nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, lo scarso rendimento sussiste quando il risultato pattuito o preteso rientri nelle possibilità medie del lavoratore e vi sia una chiara sproporzione tra la prestazione resa e quella attesa. Ciò si verifica quando la prestazione lavorativa viene svolta con imperizia, disinteresse, eccessiva lentezza.

Molti casi, esaminati dalla giurisprudenza, riguardano le ipotesi su cui si basano le scarse prestazioni e viene constatato che i lavoratori si assentano ripetutamente dal lavoro con preavviso dell’ultimo momento, spesso a ridosso di giornate di riposo o festive. Così facendo, la prestazione lavorativa non è di alcuna utilità per il datore di lavoro, in quanto ciò non gli consente di programmare e garantire il servizio o la produzione oggetto della sua impresa.

In relazione allo scarso rendimento, il datore di lavoro che intende farlo valere per motivo di licenziamento, non può limitarsi a provare il mancato raggiungimento del risultato atteso, ma è obbligato a dimostrare un forte inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore. Quindi, è ovvio che per determinare tale inadempimento è necessario valutare un’unità di tempo considerevole.

Lo scarso rendimento oggettivo

Lo scarso rendimento può rientrare nell’ambito del giustificato motivo oggettivo quando si fa riferimento alla sostenibilità economica del posto di lavoro, quindi, all’interesse del datore alla prestazione resa dal proprio dipendente; con ciò, il datore di lavoro potrà interrompere il rapporto con il dipendente, unicamente per ricercare economie e risparmio in azienda o per garantirsi un maggiore margine sul bilancio.

Le scarse prestazioni causa motivo di licenziamento devono essere trattate come qualsiasi altro licenziamento per giustificato motivo oggettivo, dovendo dimostrare, da parte del datore di lavoro, che la prestazione lavorativa del dipendente sia talmente improduttiva al punto da non generare alcun profitto economico.

La clausola di rendimento

Quando si parla di rendimento è necessario stabilire dei criteri in base ai quali lo stesso può essere valutato sia in senso positivo, sia in senso negativo per gli interventi sanzionatori, a carattere oggettivo/organizzativo o a carattere soggettivo/disciplinare.

Valutare la diligenza media del lavoratore o effettuare un confronto tra tutti i dipendenti per capire quale sia il “minimo” non discutibile può risultare effettivamente complesso, rischiando anche di creare forme di discriminazione non volute.

In occasione della sottoscrizione del contratto individuale di lavoro, come prima cosa, occorre prestare attenzione al contenuto della clausola, la quale non può stabilire obbiettivi irraggiungibili, poiché ciò porterebbe alla nullità del contratto.

Peraltro, un conto è stabilire il rendimento minimo, al di sotto del quale si presume che il rendimento sia scarso o insoddisfacente, ma cosa ben diversa è stabilire un premio in caso di raggiungimento di un obiettivo, incentivando il dipendente ad una produttività maggiore.

Senz’altro, all’interno di questo ambito potrebbe tornare utile la procedura di certificazione dei contratti di lavoro, per la corretta valutazione delle clausole di rendimento, anche se evidentemente, la cosa non è sempre possibile. In ogni caso, in mancanza di qualsiasi tipo di accordo o clausola sul rendimento, il datore di lavoro può unilateralmente fissare dei criteri e intervenire con provvedimenti sanzionatori.

Palermo, Roma, 12 settembre 2023

Avv. Dott. Angelo Pisciotta