Scritture di assestamento e costo del personale

Scritture di assestamento e costo del personale

Le scritture di assestamento sono quelle redatte al termine dell’esercizio con il fine di determinare il reddito conseguito nel corso dell’esercizio stesso. Lo scopo di tali scritture è quello di far sì che, nella determinazione del reddito d’esercizio, si tenga conto esclusivamente dei componenti positivi e negativi di reddito di competenza del periodo. Pertanto, le scritture di assestamento consentono di passare dai valori contabili, cioè dai valori desunti dalla contabilità e registrati in base al momento della manifestazione finanziaria del fatto di gestione, a valori di bilancio, cioè valori che tengano conto della competenza economica del fatto di gestione.

Cosi come indicato dai Principi Contabili Nazionali (OIC), in particolare dall’OIC n.12, tra i costi della produzione che devono essere indicati nel conto economico del bilancio troviamo la voce dei Costi per il personale, in cui vengono classificati tutti i costi sostenuti nel corso dell’esercizio per il personale dipendente. In particolare vengono indicati alla voce B9 “Costi per il personale” le seguenti sottocategorie:

  • Salari e stipendi, cioè tutti gli elementi fissi e variabili che entrano a far parte della retribuzione in base a norma di legge o a contratto;
  • Oneri sociali, cioè tutti gli oneri a carico dell’azienda da corrispondere agli enti previdenziali ed assistenziali (INPS, INAIL) al netto di importi fiscalizzati in base a disposizioni di legge;
  • Trattamento di fine rapporto, relativo all’accantonamento di competenza dell’esercizio per il TFR maturato a favore dei dipendenti;
  • Trattamento di quiescenza e simili, cioè gli accantonamenti a fondi di previdenza integrativa diversi dal TFR previsti dai contratti collettivi, da accordi aziendali o da norme aziendali interne; comprende anche le indennità di competenza dell’esercizio liquidate a favore dei dipendenti nei confronti dei quali il rapporto di lavoro è cessato nel corso dell’anno;
  • Altri costi, comprendente tutti i costi sostenuti per il personale dipendente direttamente o indirettamente e che non sono collocabili alle voci precedenti, quali, ad esempio, l’indennità per prepensionamento e altri incentivi all’esodo (salvo il caso di operazioni di natura straordinaria), le quote associative versate a favore dei dipendenti, le borse di studio a favore di dipendenti e di loro familiari, ecc.

Occorre però ricordare che nella voce Salari e Stipendi sono incluse le quote maturate e non corrisposte relative alle mensilità aggiuntive, le ferie maturate e non godute, i permessi maturati e non goduti, nel caso in cui il CCNL di riferimento non preveda che questi ultimi vengano monetizzati entro il 31 dicembre dell’anno in cui vengono maturati, i compensi per lavoro straordinario, le varie indennità (indennità di mensa, indennità di mancato preavviso, indennità di cassa, ecc.) e i premi aziendali.

Il principio di competenza, che impone la correlazione dei costi ai ricavi dell’esercizio, espressamente richiede che il costo del personale, inteso nella sua globalità, deve risultare correlato al beneficio che l’impresa ottiene dal sostenimento di detto costo, cioè deve essere individuato in funzione del periodo durante il quale il personale ha prestato la propria opera concorrendo alla formazione dei ricavi aziendali.

Ne deriva, di conseguenza, che, a fine periodo, sussiste la necessità di procedere all’iscrizione in bilancio dell’ammontare corrispondente al costo per le ferie e dei permessi maturati in favore dei lavoratori dipendenti e non ancora liquidati o fruiti.

In particolare, per quanto riguarda il computo del rateo per ferie, questo deve necessariamente basarsi sul numero dei giorni di ferie maturati e quindi spettanti al dipendente alla data di bilancio e sul costo giornaliero per l’impresa, che, ovviamente, deve includere sia la relativa retribuzione lorda, sia i contributi sociali (previdenziali e assicurativi) a carico dell’impresa.

In pratica, il rateo per ferie dovrà risultare pari a quanto si sarebbe dovuto corrispondere ai dipendenti ed agli enti previdenziali e assicurativi nell’ipotesi in cui a tale data risultasse cessato il rapporto di lavoro.

Ai fini di una corretta assegnazione in bilancio di tali oneri, non sussistono problematiche inerenti alla competenza economica unicamente se, al 31 dicembre o alla diversa data di chiusura dell’esercizio, tutti i lavoratori dipendenti hanno effettivamente beneficiato dell’intero periodo feriale di spettanza, nel corso dell’esercizio sociale o periodo d’imposta medesimo. Infatti, in tale situazione l’impresa ha già in concreto ed integralmente sostenuto e contabilizzato nel corso dell’esercizio sia il costo per la retribuzione indiretta, sia delle contribuzioni di competenza.

Si rendono invece necessarie apposite scritture di assestamento degli importi contabili nell’ipotesi in cui il datore di lavoro e i lavoratori dipendenti abbiano concordato di rinviare all’esercizio successivo di maturazione, in tutto o in parte, il diritto alla fruizione del diritto feriale, nelle ipotesi di ragioni e/o motivazioni di carattere sia personale, sia organizzativo, cosi come nel caso in cui non vi sia coincidenza fra il periodo temporale che individua l’esercizio sociale e quello cui, in concreto, si manifesta la maturazione del diritto alle ferie.

Le ferie e i permessi non goduti rappresentano, come già ricordato, un componente del costo del personale dipendente e, di conseguenza, devono risultare imputati e classificati nel conto economico tra i costi per salari e stipendi, mentre l’inerente debito deve essere rilevato nel passivo dello stato patrimoniale.

L’onere relativo alle ferie  e ai permessi non goduti, deve, quindi, essere interamente imputato all’esercizio o periodo d’imposta in cui i medesimi maturano e non a quello in cui sono effettivamente fruiti dal lavoratore dipendente.

Palermo 19 gennaio 2015                                                                    Dott. Angelo Pisciotta