Revoca del licenziamento

Revoca del licenziamento

La legge 92/2012, meglio conosciuta come Riforma Fornero, ha apportato numerose ed incisive modifiche al mercato del lavoro.

Tra le novità apportate, in tale sede, ci soffermeremo sull’istituto della revoca del licenziamento, che grazie a tale riforma trova il suo fondamento giuridico. Fino ad allora, infatti, tale fattispecie non era prevista da alcuna norma.

Com’è noto il licenziamento è una delle cause di estinzione del rapporto di lavoro subordinato. La comunicazione del licenziamento, avendo natura di atto unilaterale recettizio,  soggiace alla disciplina dettata dagli artt. 1334 e 1335 del c.c. la quale chiaramente stabilisce che “gli atti unilaterali producono effetto nel momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale  sono destinati”. Ed è per tale motivo che, sino all’entrata in vigore dell’ultima riforma del lavoro, il datore di lavoro non poteva unilateralmente revocare il licenziamento, in quanto era necessario il consenso del lavoratore.

In caso di consenso alla revoca del licenziamento da parte del lavoratore, come da consolidata giurisprudenza, veniva riconosciuto al lavoratore, per il periodo di effettiva interruzione del rapporto, a titolo di risarcimento del danno, un importo di misura non inferiore a cinque mensilità.

A differenza di quanto avveniva ante riforma Fornero, a partire dai licenziamenti intimati dal 18/07/2012, la legge 92/2012 riconosce la facoltà al datore di lavoro di revocare il licenziamento indipendentemente dal consenso del lavoratore.

La revoca del recesso può essere effettuata entro 15 giorni dall’impugnazione del licenziamento e non dalla comunicazione del licenziamento. Pertanto, considerando che il lavoratore ha a disposizione 60 giorni di tempo per impugnare il licenziamento, la procedura di revoca prevede un limite temporale massimo di 75 giorni.

A seguito della revoca il rapporto di lavoro risulterà ricostituito, come se non fosse mai stato interrotto, con diritto alle retribuzioni non percepite dal licenziamento alla ripresa del servizio.

Alla luce di quanto sopra evidenziato, la norma attribuisce al datore di lavoro un vero e proprio diritto potestativo, il cui esercizio determina la ricostituzione ex tunc del rapporto di lavoro. Ne consegue che il lavoratore non può rifiutare la revoca e se non riprenderà servizio, sarà considerato come assente ingiustificato e sottoposto a procedimento disciplinare.

L’istituto della revoca del licenziamento nasce dall’esigenza di ridurre il contenzioso che ogni anno consta di un numero ragguardevole di cause. La riduzione delle controversie di lavoro sia in sede extragiudiziale che in sede giudiziale, si tramuta in una ulteriore riduzione di costi nonché nell’annullamento di lungaggini burocratiche.

Basti pensare al vantaggio che trarrà il datore di lavoro che applica l’istituto della revoca, in caso di impugnazione del licenziamento illegittimo da parte di un lavoratore, in termini di spese legali, ma soprattutto nella mancata applicazione (in caso di accertata illegittimità del licenziamento)  delle tutele previste dalla legge anche alla luce delle recenti modifiche (tutela reale ed obbligatoria).

Dal canto suo, il lavoratore licenziato potrà nuovamente riprendere l’attività lavorativa, evitando dunque tutte le conseguenze economiche e non solo derivanti dalla perdita del posto di lavoro.

Tuttavia il lavoratore, qualora non ritenga piò opportuno continuare la propria attività lavorativa presso il medesimo datore di lavoro, potrà sempre rassegnare le proprie dimissioni.

Il ripensamento da parte del lavoro di lavoro che ha intimato il licenziamento ad un dipendente, può avvenire non solo a seguito di impugnazione di licenziamento disciplinare ma anche, e forse soprattutto, nei casi di licenziamento per motivi economici (giustificato motivo oggettivo). Per esempio ad un’azienda edile alla quale abbiano revocato una commessa di lavoro e dopo qualche tempo gli venga nuovamente concessa. L’imprenditore, suo malgrado, sarà costretto a licenziare il personale ma, al verificarsi della riassegnazione della commessa, potrà revocare il licenziamento ai propri dipendenti.

L’istituto della revoca del licenziamento non si applica solo ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, ma anche quelli legati a provvedimenti disciplinari. Il datore di lavoro, in seguito all’adozione del provvedimento disciplinare del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, può sempre ravvedersi, in seguito all’emersione, ad esempio, di nuovi elementi giustificativi da parte del lavoratore o a seguito di una più attenta riflessione circa la gravità del comportamento posto in essere dal lavoratore e che ha dato luogo al licenziamento.

Palermo, 27 novembre 2012

Angelo Pisciotta