I cc. 16 e 17 dell’articolo 1 della Legge 213 del 30/12/2023 (Legge di Bilancio 2024) stabiliscono nuovi limiti di esenzione dei fringe benefit (beni in natura) per l’anno 2024, che ordinariamente risulterebbero imponibili.
Ciò avviene in deroga al limite dell’articolo 51 del DPR 917/1986, con alcune novità rispetto a quanto previsto per l’anno 2023.
Infatti, il comma 16 stabilisce che, solo per il periodo d’imposta 2024, (il che non rappresenta una modifica strutturale) e in deroga a quanto previsto dall’articolo 51, del DPR 917/1986 (che stabilisce il limite dell’esenzione a 258,23 euro), il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti non concorrerà a formare il reddito.
Questa esenzione è limitata a un massimo di 1.000 euro e, seguendo l’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate, la disposizione risulta indirizzata ai lavoratori titolari di reddito di lavoro dipendente e assimilato.
Quindi, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti, sarebbero le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro in relazione al pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.
Per quanto riguarda le spese relative all’affitto o agli interessi sul mutuo per la prima casa, si tratta di novità per le quali si attendono istruzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Il limite di cui sopra è stato aumentato a 2.000 euro (per l’anno 2023 era di 3.000 euro) per i lavoratori dipendenti che hanno figli, inclusi i figli riconosciuti nati fuori dal matrimonio, i figli adottivi o affidati, e che soddisfano le condizioni dell’articolo 12 del DPR 917/986 (figli fiscalmente a carico, ovvero figli che non hanno un reddito annuo superiore a € 2.840,51 o € 4.000,00 se hanno meno di 24 anni).
Come per lo scorso anno, il limite di esenzione maggiorato può essere applicato dal datore di lavoro solamente se il lavoratore dichiari di avervi diritto, indicando il codice fiscale dei figli (in mancanza non può essere applicato il limite di 2.000 euro).
Secondo il terzo periodo del comma 16, i datori di lavoro devono attuare i nuovi limiti di esenzione previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie (RSU), se presenti.
Stante la formulazione della norma, questa condizione è fondamentale per l’applicazione dei limiti di esenzione sia per 1.000 euro che per 2.000 euro.
L’Agenzia delle Entrate ha stabilito il termine entro il periodo d’imposta del 2024 per fornire l’informativa richiesta, anche se la norma non è stata ancora attuata.
Nel caso in cui la comunicazione non venga fornita alla RSU, il limite di esenzione previsto dal comma 3 dell’art. 51 torna ad essere di 258,23 euro. In ogni caso, tale importo non può essere utilizzato per rimborsi energetici, affitto o interessi sul mutuo della prima casa.
Si ricorda inoltre che l’utilizzo dei limiti di esenzione menzionati non è condizionato dal requisito “generalità o categoria di dipendenti” (e quindi, possono essere applicati anche “ad personam”, rispettando le condizioni previste, nonostante l’obbligo di informare la RSU ove presente).
Una volta definito l’ammontare di esenzione ai fini fiscali, questo risulterà applicabile anche ai fini della determinazione dall’imponibile contributivo (armonizzazione delle basi imponibili).
Per quanto riguarda la possibilità di utilizzare il limite di esenzione per erogare o rimborsare gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa, è necessario chiarire come questa nuova disposizione si coordini con il comma 4, lett. b), dell’articolo 51.
Ad esempio, potrebbe essere più conveniente utilizzare l’articolo 51, comma 4 per determinare il valore convenzionale del benefit e poi, se il valore è diverso da zero, esentarlo (se rientra nei limiti) in base alle nuove disposizioni previste dalla legge di bilancio.
Palermo, Roma, 24 gennaio 2024
Avv. Dott. Angelo Pisciotta