Malattia in scadenza senza avviso

Malattia in scadenza senza avviso

Ancora una volta la Suprema Corte è tornata ad affrontare un tema molto caldo come quello della malattia non professionale.

Appare doveroso ricordare che per malattia s’intende un evento morboso che causa un’assoluta o parziale incapacità al lavoro. Al verificarsi di tale evento scaturiscono una serie di diritti e obblighi in capo ai datori di lavoro e ai lavoratori dipendenti.

Il lavoratore dipendente in malattia, infatti, è tenuto a darne immediata comunicazione al datore di lavoro, pena il configurarsi di assenza ingiustificata. Inoltre, entro 48 ore dall’insorgenza dell’evento, per il tramite del medico curante, deve essere trasmessa apposita certificazione medica all’INPS.

Com’è noto con l’avvento del sistema informatico, il lavoratore non può più consegnare al datore di lavoro copia del certificato medico in quanto viene trasmesso telematicamente all’INPS dal proprio medico curante. Il lavoratore deve comunque fornire il numero identificativo dell’attestato/protocollo al datore di lavoro, onde permettere allo stesso, di scaricare il certificato di malattia cartaceo attraverso i canali telematici messi a disposizione dall’Istituto di previdenza.

 

Durante la malattia comportante incapacità lavorativa, il lavoratore ha il diritto costituzionalmente protetto di beneficiare dei mezzi di sostentamento adeguati alle sue esigenze di vita (art. 38 Cost. e art. 2110 c.c.). Ne deriva dunque che al lavoratore spetta lo stesso trattamento economico e normativo in caso di normale svolgimento dell’attività lavorativa.

Inoltre, il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro nei limiti di un periodo definito “periodo di comporto”.

Vige, infatti, un divieto assoluto per il datore di lavoro di licenziare il lavoratore durante il cosiddetto periodo di comporto, la cui durata è stabilita dalla contrattazione nazionale.

Superato il periodo di comporto, tuttavia, il datore di lavoro può recedere dal contratto di lavoro per impossibilità sopravvenuta per il lavoratore ad adempiere all’obbligazione assunta (art. 2110 c.c.).

Pertanto, in caso di lunga durata dello stato di malattia, è necessario porre attenzione all’eventuale superamento dei limiti al periodo di conservazione del posto.

Ed è proprio su tali argomentazioni che si è pronunciata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19234/2011. Ed in particolare, la Suprema Corte ha stabilito che il datore di lavoro non ha il dovere di avvertire il dipendente in malattia che il periodo di conservazione del posto è in scadenza.

E’ onere del lavoratore tenere il conto dei giorni di assenza e dunque non è compito del datore di lavoro avvertirlo che il periodo di comporto per malattia sta per essere superato.

Pertanto il datore di lavoro, appurata la scadenza del periodo di comporto, può procedere al recesso dal contratto.

A tal proposito la Corte di Cassazione ha sancito che in tali fattispecie la mancata immediatezza dell’intimazione del licenziamento non costituisce causa di illegittimità del licenziamento.

E dunque, il datore di lavoro può recedere dal contratto anche mesi dopo il verificarsi della causa che ha determinato la risoluzione del contratto. Naturalmente, essendo il licenziamento rientrante tra gli atti unilaterali recettizi, avrà effetto nel momento in cui il lavoratore ne verrà a conoscenza e dunque nel momento della consegna della lettera, nel caso di raccomandata a mano, oppure, in caso di utilizzo del servizio postale, non appena il lavoratore riceverà l’atto. In tale ultimo caso il datore di lavoro è solito utilizzare come servizio postale, la raccomandata con avviso di ricevimento in modo da avere la certezza assoluta della ricezione della lettera non appena riceverà l’avviso di ricevimento della raccomandata firmata per ricevuta dal lavoratore o da altra persona incaricata.

La Suprema Corte di Cassazione, infatti, ha affermato che mentre nel licenziamento disciplinare vi è l’esigenza dell’immediatezza del recesso per permettere al lavoratore di esercitare il diritto di difesa, nel caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto per malattia, invece, l’interesse del lavoratore va contemperato con le esigenze dell’impresa che deve poter valutare nel complesso la vicenda in rapporto anche agli interessi aziendali.

La legge tutela si i lavoratori, in quanto parte contraente potenzialmente più debole nel contratto di lavoro dipendente, attraverso i molteplici diritti ad essi riconosciuti ma al contempo pone dei limiti a tali diritti onde evitarne un utilizzo improprio.

Palermo, lì 03/10/2011 Mary Saitta e Angelo Pisciotta