Con recente sentenza del Giudice di Pace di Latina, è stato confermato l’oramai consolidato, seppur recente orientamento giurisprudenziale, secondo il quale i messaggi inviati tramite la nota applicazione di messaggistica WhatsApp, qualora contengano l’ammissione di un debito, costituiscono prova scritta adeguata per ottenere un Decreto Ingiuntivo dal Giudice competente.
Ed invero, tale decisione non sorprende, considerando che la giurisprudenza, da anni, pacificamente ritiene anche i messaggi inviati mediante cellulare SMS, vere e proprie prove documentali, ai sensi dell’art. 2712 c.c., il quale, appunto, recita che “le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonetiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti e alle cose medesime”.
Per lo stesso motivo, anche l’e-mail, che rientra nelle riproduzioni informatiche e rappresentazioni meccaniche citate dall’art. 2712 c.c., costituisce una valida prova documentale.
Orbene, tali documenti, seppur mezzi di prova documentale, sono comunque privi di sottoscrizione e, dunque, la loro provenienza è incerta e si considera ignota, in quanto un sms, così come una e-mail o un messaggio inoltrato tramite WhatsApp, potrebbero essere inviati da un soggetto differente dal reale proprietario del cellulare o del mezzo utilizzato per l’invio.
Per tale ragione, questi mezzi di prova non sono idonei all’ottenimento della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo, per la quale, l’art. 642 c.p.c., nel caso di decreto ingiuntivo emesso sulla base di prova documentale comprovante il debito, richiede che quest’ultima sia “sottoscritta dal debitore”.
Ciò significa, concretamente, che una volta ottenuto il Decreto Ingiuntivo, il ricorrente dovrà notificare il proprio ricorso, unitamente al decreto ingiuntivo, al debitore, il quale disporrà di 40 giorni di tempo dalla ricezione della notifica, per adempiere al pagamento e dunque, estinguere il proprio debito o per opporsi all’ingiunzione.
Nel caso in cui, invece, il debitore resti inerte, decorso il termine di 40 giorni, il ricorrente avrà la facoltà di richiedere al giudice competente, ovverosia il giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo, che quest’ultimo sia dichiarato esecutivo, ai sensi dell’art. 647 c.p.c.
Palermo 27 settembre 2021 Avv. Dott. Angelo Pisciotta