Il Decreto Legge n. 34/2014 (Jobs Act), entrato in vigore il 21 marzo scorso, ha apportato diverse modifiche ai contratti di lavoro. Un intervento significativo è stato effettuato nei confronti dei rapporti di lavoro a termine, per i quali è stato eliminato l’obbligo di indicare nel contratto le esigenze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo che giustificavano l’apposizione del termine.
Il Jobs Act conferma quindi l’ipotesi di a-causalità legale del contratto a termine introdotto dalla legge Fornero (Legge n.92/2012), estendendo tale ipotesi a tutti i rapporti di lavoro a tempo determinato. Il decreto in questione ha infatti abrogato il comma 1-bis dell’art. 1 del D. Lgs. n. 368 del 2001, che disciplinava il contratto a tempo determinato stipulabile per i primi 12 mesi e per il primo rapporto tra le parti senza le ragioni giustificatrici, permettendo quindi la stipula, senza ragioni, di contratti di lavoro a termine, la cui durata massima non può essere superiore a 36 mesi.
Le assunzioni a tempo determinato si baseranno adesso su limiti numerici, relativi alle dimensioni dell’organico, in quanto i contratti a termine saranno stipulabili entro il tetto massimo del 20% della forza lavoro, salva diversa disposizione dei contratti collettivi di riferimento, e con qualche eccezione legata ai contratti stipulati per esigenze sostitutive o stagionali.
Il limite numerico non si applica nel caso di imprese che occupano fino a cinque dipendenti, per le quali è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato. Il riferimento alle “imprese” sembrerebbe non escludere dall’applicabilità del limite del 20% dell’organico i soggetti che non sono imprenditori, quali i liberi professionisti e le associazioni. Paradossalmente, quindi, un libero professionista che occupa fino a quattro dipendenti sembrerebbe che non possa ricorrere al contratto a termine, in quanto non raggiungerebbe l’unità richiesta dal decreto.
Con il Decreto Legge n. 34/2014 vengono apportate modifiche anche alla gestione della proroga del contratto, la quale non è più condizionata alla sussistenza di specifiche ragioni. Il numero delle proroghe ammesse cresce, inoltre, sino ad 8, fermo restando l’obbligo di rispettare il tetto massimo di durata del contratto di 36 mesi e a condizione che i rinnovi e le proroghe facciano riferimento alla stessa attività lavorativa per cui il contratto è stato inizialmente stipulato.
Si direbbe che non c’è differenza tra proroga e rinnovo per quanto riguarda il superamento del vincolo della causale, mentre si deve ritenere confermato l’obbligo dell’interruzione, ridotta a 10 o a 20 giorni, a seconda che la durata del contratto sia inferiore o superiore a sei mesi, dal decreto legge n. 76/2013, solo nel caso di rinnovo.
Naturalmente il decreto, entro 60 giorni dalla sua emanazione, dovrà essere convertito in legge e si spera che in sede di conversione siano anche chiariti i dubbi circa la disciplina transitoria che interessa i rapporti di lavoro acausale stipulati prima del 21 marzo 2014. Infatti, allo stato attuale non è chiaro se i contratti a tempo determinato stipulati prima dell’entrata in vigore del decreto possano essere prorogati, con 8 proroghe e con il limite massimo dei 36 mesi, oppure se saranno regolati con la precedente disciplina.
Palermo 16 aprile 2014 Dott. Angelo Pisciotta