Insolvenza fraudolenta

Insolvenza fraudolenta

Nella attuale fase di crisi economica determinata dal corona virus, e nella fase di stagnazione economica che certamente ne conseguirà, in cui probabilmente alcune obbligazioni non potranno essere onorate, appare utile esaminare il delitto di insolvenza fraudolenta per distinguerlo dal mero inadempimento civile.

Sintesi

Chiunque, dissimulando il proprio stato d’insolvenza, contrae un’obbligazione col proposito di non adempierla è punito, a querela della persona offesa, qualora l’obbligazione non sia adempiuta, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 516.

L’adempimento dell’obbligazione avvenuto prima della condanna estingue il reato.

 

Procedibilità: a querela di parte

Competenza: Tribunale monocratico

Arresto: no

Fermo: no

Custodia cautelare in carcere: no

Altre misure cautelari personali: no

Termine di prescrizione: 6 anni

Commento

Il reato di insolvenza fraudolenta è disciplinato dall’art. 641 C.P. e rientra tra i delitti contro il patrimonio ed, in particolare, tra quelli contro il patrimonio mediante frode di cui al Libro II, Titolo XIII, Capo II.

La funzione propria della fattispecie in esame è, in concreto, di garantire i patti negoziali su base volontaria a tutela della buona fede contrattuale e a salvaguardia del diritto del creditore adempiente contro particolari, preordinati, successivi inadempimenti fraudolenti consumati nell’ambito di un’obbligazione di contenuto patrimoniale correlativa alla sua pretesa.

Oggetto giuridico del reato è, dunque, l’interesse economico del creditore che viene offeso quando al suo adempimento non faccia seguito quello della controparte, concretizzandosi in tal modo il danno e, per l’inadempiente, un ingiusto profitto.

Il discrimine tra l’addebito civilistico e la commissione dell’illecito penale poggia sull’elemento ispiratore della condotta: tenere il creditore all’oscuro dello stato di insolvenza in cui si versa al momento di contrarre l’obbligazione ha, infatti, rilievo, agli effetti della norma penale, solo quando sia legato al preordinato proposito di non effettuare la dovuta prestazione, mentre l’inadempimento contrattuale non preordinato non costituisce il delitto di cui all’art. 641 c.p. e ricade, normalmente, solo nell’ambito della responsabilità civile.

Deve essere ricordato che l’obiettivo stato di insolvenza deve essere dissimulato, cioè tenuto nascosto, fino alla stipulazione del contratto e all’esecuzione della prestazione della controparte, al soggetto passivo della condotta dissimulatoria, che può essere anche diverso dal soggetto passivo del reato.

La condotta dissimulatoria, che ovviamente comporta la consapevolezza dell’impossibilità, allo stato, di adempiere, in tutto o in parte, l’obbligazione contratta, deve collegarsi, a livello psicologico, con l’intenzione di non adempierla.

La ragionevole convinzione di potere superare un momentaneo o transitorio stato di insolvenza, in particolare di illiquidità, e quindi di poter eseguire la prestazione dovuta esclude perciò l’elemento soggettivo del reato. La condotta dissimulatoria deve essere in ogni caso tale da impedire al soggetto passivo dell’azione di rendersi conto dello stato d’insolvenza.

Presupposto necessario del reato è, comunque, ed in ogni caso, l’avvenuta conclusione di un contratto; infatti, solo l’obbligazione di natura pattizia e, quindi, volontaria, assume rilievo, mentre non rientrano nella sfera di tutela offerta dalla disposizione in esame le obbligazioni nascenti da altra fonte, comprese quelle di risarcimento del danno originate da un illecito contrattuale.

Naturalmente, è necessario che, in precedenza, vi sia stato un adempimento della controparte perché in mancanza di questo l’offesa non potrebbe realizzarsi; dunque, il fatto presuppone un rapporto obbligatorio caratterizzato da un intervallo temporale, anche modesto tra la prestazione del soggetto inadempiente e quella, già eseguita, del creditore e, ovviamente, per stabilire se vi sia stato o non adempimento occorrerà fare riferimento prevalentemente alle leggi di matrice civilistica.

Sul fronte opposto, guardando all’ipotesi di cui all’art. 640 c.p., va detto che la tutela offerta da questo presidio normativo è mirata ad un particolare tipo di frode, diverso dalla truffa vera e propria, da cui si differenzia, sotto il profilo soggettivo, per essere originariamente orientato dal fine specifico dell’ingiusto profitto con altrui danno, e, sotto il profilo oggettivo, perché, mentre nell’insolvenza fraudolenta si pone in essere la dissimulazione di una condizione vera, e cioè della reale insolvibilità dell’agente, la truffa richiede non solo la mera dissimulazione di uno stato di insolvenza, ma, altresì, il ricorso ad un complesso di modalità predatorie attuate mediante simulazione di circostanze e condizioni non vere, artificiosamente create o prospettate per indurre altri in errore.

In altri termini, la fattispecie truffaldina subentra al delitto in esame nel momento in cui l’agente non si limiti a celare il proprio stato d’insolvenza, ma ponga in essere un comportamento cioè ulteriore, attraverso artifici o raggiri, che ingeneri nel soggetto passivo affidamento circa il proprio stato di solvibilità.

L’attività dissimulatoria, peraltro, ammette diverse forme ed anche il silenzio può assumere rilievo quando tale stato non sia manifestato all’altra parte contraente ed il silenzio su di esso sia legato al preordinato proposito di non adempiere, cioè, quando sin dal momento in cui il contratto è stato stipulato vi era l’intenzione di non far fronte all’obbligo o agli obblighi scaturenti dal rapporto contrattuale.

Poiché, poi, è richiesta l’intenzione iniziale di non adempiere il dolo può essere solo intenzionale, con sicura esclusione del dolo eventuale.

Sul piano processuale, infine, si evidenzia che la prova della condizione di insolvenza potrà essere desunta sia dal comportamento precedente e successivo dell’imputato, come anche da quello che dal medesimo è stato tenuto al momento dell’inadempimento.

È importante osservare, inoltre, che il reato si consuma non nel momento in cui viene contratta l’obbligazione ovvero in quello in cui viene a manifestarsi lo stato di insolvenza, bensì all’atto dell’inadempimento, che costituisce l’ultima fase dell’iter criminoso; occorre, quindi, preliminarmente, accertare, ai fini della determinazione del momento consumativo, la data dell’inadempimento in base alle norme che disciplinano, in materia civile, i termini per adempiere alle obbligazioni.

Nel valutare ciò, va, tuttavia, considerato che la norma contempla, al capoverso, una causa di estinzione del reato allorquando l’adempimento dell’obbligazione avvenga prima della condanna contenuta in una sentenza divenuta irrevocabile, con la conseguenza che il tempo utile per adempiere si protrae, pertanto, fino al momento in cui la condanna cresce in giudicato.

È, infine, opportuno ricordare che, qualora sia pattuito un pagamento rateale, l’illecito si consuma sempre e soltanto con il mancato pagamento dell’ultima rata con ovvie conseguenze sulla decorrenza del termine per la querela.

Inoltre, ai sensi dell’art. 649 C.P., non è punibile chi ha commesso il fatto in danno:

1)     del coniuge non legalmente separato;

2)     di un ascendente o discendente o di un affine in linea retta o dell’adottante o dell’adottato;

3)     di un fratello o di una sorella che con lui convivano.

Il fatto è punibile a querela della persona offesa, se commesso a danno del coniuge legalmente separato, o del fratello o della sorella che non convivano con l’autore del fatto, o dello zio o del nipote o dell’affine in secondo grado con lui conviventi.

Considerazioni conclusive

La funzione della fattispecie di reato punito e previsto dall’art. 641 c.p. è quella di garantire i patti negoziali e la buona fede contrattuale.

Il discrimine tra il mero inadempimento di natura civilistica e la commissione dell’illecito in esame poggia sull’elemento ispiratore della condotta: tenere il creditore all’oscuro dello stato di insolvenza in cui si versa al momento di contrarre l’obbligazione ha, infatti, rilievo, agli effetti della norma penale, solo quando sia legato al preordinato proposito di non effettuare la dovuta prestazione, mentre l’inadempimento contrattuale non preordinato ricade, normalmente, solo nell’ambito della responsabilità civile.

Pertanto, alla luce di quanto precede, sembra potersi concludere che eventuali inadempimenti di obbligazioni, soprattutto se assunte prima del manifestarsi dell’emergenza corona virus, che non siano state volontariamente assunte tenendo all’oscuro dello stato di insolvenza avranno soltanto conseguenze di tipo civile.

Viceversa, eventuali obbligazioni assunte, anche se in costanza di corona virus, nascondendo il proprio stato di insolvenza e con l’intenzione di non effettuare il pagamento dell’obbligazione assunta, potrebbero ricadere nella fattispecie di reato di insolvenza fraudolenta.

Palermo 16 maggio 2020
Avv. Dott. Angelo Pisciotta