L’articolo 8 del Decreto Legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito in Legge 14 settembre 2011 n. 148, ha introdotto la contrattazione di prossimità.
I “contratti di prossimità” sono dei contratti collettivi sottoscritti a livello aziendale o territoriale che hanno un ambito di applicazione più circoscritto rispetto alla contrattazione collettiva nazionale, perché mentre il contratto nazionale è applicabile, appunto, su tutto il territorio nazionale ed è vincolante per tutte le aziende che vi aderiscono, il contratto di prossimità è vincolante e applicabile soltanto a livello territoriale o aziendale.
Con tale legge, quindi, si è cercato di dare maggiore peso alla contrattazione di secondo livello. Quest’ultima, quindi, nelle intenzioni del legislatore dovrebbe acquisire un ruolo di primaria importanza nella regolamentazione dei rapporti di lavoro, riuscendo a superare quella iniziale funzione integrativa della contrattazione nazionale.
Pertanto, la contrattazione di prossimità è in grado, oggi, di derogare anche in pejus alla contrattazione collettiva nazionale, fermo restando il rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro secondo quanto disposto dall’articolo 8 comma 2 del D.L. 138/2011.
I contratti di prossimità sono efficaci sia per la parte economica, sia per quella normativa, per tutti i dipendenti in forza e vincolano le associazioni sindacali firmatarie dell’Accordo interconfederale operanti all’interno dell’azienda, a condizione che vengano approvate dalla maggioranza dei componenti delle RSU oppure dalle RSA che, singolarmente o insieme ad altre, risultano destinatarie delle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori dell’azienda nell’anno precedente a quello in cui avviene la stipula dell’accordo di prossimità.
Pertanto, con i contratti di prossimità tutti i datori di lavoro potranno regolamentare alcune condizioni, tassativamente previste dalla legge, che saranno vincolanti nei confronti dei lavoratori interessati, se verrà rispettato quanto indicato nell’articolo 8 del D.L.138/2011.
Nello specifico, il secondo comma dell’articolo 8 del D.L. 138/2011 indica in maniera “tassativa” l’elenco delle materie che possono essere disciplinate dalla contrattazione collettiva di prossimità, a condizione che l’oggetto riguardi l’organizzazione e la produzione del lavoro.
Le intese aventi ad oggetto l’organizzazione del lavoro e la produzione potranno riguardare:
- gli impianti audiovisivi e l’introduzione di nuove tecnologie;
- le mansioni del lavoratore, la classificazione e l’inquadramento del personale;
- i contratti a termine, i contratti ad orario ridotto, modulato o flessibile, il regime di solidarietà negli appalti, il ricorso alla somministrazione di lavoro;
- l’orario di lavoro;
- le modalità di assunzione e la disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni a progetto e le partite IVA, la trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e le conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio, il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, il licenziamento della lavoratrice dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione al lavoro, nonché fino ad un anno di età del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento.
E’, altresì, opportuno mettere in evidenza quanto sancito dall’articolo 8 comma 3 del D.L. 138/2011, il quale precisa che i contratti di prossimità sono vincolanti nei confronti di tutto il personale in forza nelle unità produttive a cui si riferiscono a condizione che le intese siano state approvate con votazione che rappresenti la maggioranza dei lavoratori.
Concetto di maggioranza inteso come maggioranza dei componenti delle RSU comparativamente rappresentative sul piano nazionale, o in assenza delle RSU, dalla maggioranza delle RSA che siano destinatarie della maggioranza delle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori all’azienda nell’anno precedente la stipula del contratto di prossimità.
Un aspetto che è particolarmente interessante riguarda la compatibilità delle agevolazioni contributive con i contratti di prossimità.
Infatti, tra i requisiti fondamentali per il godimento dei benefici contributivi l’art.1 comma 1175 della Legge 296/2006, stabilisce che: “i benefìci normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”
l’articolo 1 comma 1175 della legge 296/2006, è stato scritto in un momento storico in cui, sebbene la giurisprudenza ammetteva la stipula di accordi anche aziendali peggiorativi dei contratti collettivi o anche dei contratti aziendali precedenti, nella prassi era molto raro che un accordo di secondo livello derogasse in pejus rispetto alle previsioni del contratto collettivo nazionale.
L’espressione “nonché dei contratti regionali, territoriali o aziendali” contenuta nell’art. 1 comma 1175 della legge sopra citata, fotografava la situazione precedente in cui la contrattazione di secondo livello non poteva che migliorare le previsioni del CCNL e anche tale trattamento di miglior favore doveva essere garantito al lavoratore dal datore di lavoro affinchè quest’ultimo potesse beneficiare delle agevolazioni contributive.
di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Quindi, la stipula di un contratto di prossimità che sia peggiorativo di quello nazionale determina il divieto di fruire delle agevolazioni contributive.
La questione, di non poco conto, che bisogna chiarire è capire quando un contratto di prossimità sia peggiorativo di quello nazionale e, di conseguenza, determini l’esclusione dai benefici contributivi. Infatti, in alcuni casi come ad esempio la creazione di una nuova mansione non prevista dal contratto nazionale, oppure il prolungamento del periodo di prova rispetto a quanto sancito dal CCNL, e in tutti i casi in cui la stipula dell’accordo di prossimità sia suppletivo, e non migliorativo o peggiorativo, del CCNL, potrebbe essere difficile stabilire se in effetti siamo in presenza di una modifica in pejus.
Palermo 27 marzo 2013 Dott. Angelo Pisciotta