Dubbi interpretativi sui contratti di prossimità

Dubbi interpretativi sui contratti di prossimità

            Con la conversione del D.L.138/2011 in Legge n.148/2011 non sono stati ugualmente risolti alcuni dubbi.

         Se è vero che con la L. 148/2011 i contratti aziendali possono derogare anche in senso peggiorativo i contratti collettivi nazionali, restano ancora molti dubbi in materia di rappresentanza sindacale.

         E’ opportuno a tal fine mettere a confronto la stesura del Decreto Legge con il testo di Legge definitivo, per comprendere a pieno le differenze in tema di rappresentanza aziendale.

         Nella prima stesura della manovra, l’art. 8 comma 1 del D.L.138/2011 recitava testualmente: “ I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero dalle rappresentanze sindacali operanti in azienda possono realizzare specifiche intese finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività”.

         Dall’analisi della prima stesura del testo emerge che, i soggetti abilitati alla sottoscrizione dei contratti di prossimità possono essere sia le grandi confederazioni, sia le rappresentanze aziendali. Nulla viene detto in merito ai requisiti di rappresentatività delle associazioni a livello aziendale.

         Nella stesura del testo definitivo della Legge 148/2011, l’articolo 8 comma 1 è stato parzialmente modificato.

         Il suddetto comma  riporta testualmente: “I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda ai sensi della normativa di legge e degli accordi interconfederali vigenti compreso l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 possono realizzare specifiche intese con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali, finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, all’emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività”.

         Nel testo definitivo di Legge, il riferimento alle associazioni sindacali maggiormente rappresentative è stato esteso anche a livello territoriale, pertanto i contratti di prossimità potranno essere stipulati unicamente da organizzazioni dotate di notevole rappresentatività, così come indicato dall’accordo interconfederale del 28 giugno 2011.

         Quest’ultimo accordo prevede una soglia di sbarramento per i sindacati legittimati a negoziare, pari al 5% dei lavoratori della categoria cui si applica il contratto nazionale, oltre a prevede un’efficacia erga-omnes del contratto aziendale per la generalità dei dipendenti.

         A tal punto restano da capire due concetti. Il primo relativo a che cosa voglia lasciar intendere il legislatore con il concetto di sindacato maggiormente rappresentativo sul piano territoriale, poiché allo stato attuale, sembrerebbero legittimati a stipulare contratti di prossimità anche sindacati diversi da Cgil, Cisl e Uil.

         In secondo luogo, bisognerebbe capire se siano legittimi anche i contratti di prossimità sottoscritti anche da una sola delle tre organizzazioni sindacali tra Cgil, Cisl e Uil, o da altre sigle qualora  legittimate.

         Nell’ipotesi in cui tale contratto venga sottoscritto dai sindacati che rappresentino la maggioranza dei lavoratori, l’accordo dovrà, in ogni caso, essere sottoposto a referendum, che sarà validato laddove vi sia la partecipazione di almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto.

         Restiamo, quindi, in attesa di eventuali chiarimenti circa tali dubbi interpretativi sul concetto di sindacato maggiormente rappresentativo sul piano territoriale.

         Palermo 30 settembre 2011

                                                                                                             Manuela Gigliotti e Angelo Pisciotta