Con l’entrata in vigore del decreto legge 76/2013 convertito con la legge 9 agosto 2013, n. 99 vengono ritoccati diversi istituti contrattuali già modificati dalla legge Fornero. Il contratto a tempo determinato è uno degli istituti coinvolti.
Il contratto a termine, da sempre rappresenta uno strumento utilizzato dalle aziende al verificarsi di mutamenti dell’attività lavorativa o nella fase di avvio della stessa attività lavorativa, senza l’obbligo di saldare rapporti a tempo indeterminato con i dipendenti.
Il fondamento giuridico del contratto a tempo determinato è il D.Lgs. 368/2001 che prevede il ricorso a tale istituto per cause eccezionali ed in presenza di ragioni giustificative di tipo tecnico – organizzative, produttive e sostitutive.
Con la Riforma Fornero (L. 92/2012) per la prima volta viene introdotta la possibilità per le aziende di stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato con un lavoratore, senza l’ obbligo di indicare la causale, il c.d. contratto acausale. Le legge 92/2012 aveva previsto una durata massima di 12 mesi ed il divieto di proroga.
Ed è proprio su quest’ultimo punto che verte la novità introdotta dal decreto legge 76/2013 convertito con la legge 9 agosto 2013, n. 99 meglio noto come “decreto del fare”. Viene, infatti, abrogato il divieto di proroga del contratto acausale purché sia rispettato il limite massimo di 12 mesi.
Ne consegue che, per esempio, il primo contratto a termine di durata iniziale pari a 6 mesi, stipulato originariamente senza causale, possa essere prorogato per ulteriori 6 mesi fino al raggiungimento del limite previsto dalla normativa in vigore.
Anche se la norma non disciplina in maniera esplicita tale fattispecie, ritengo, per analogia, alle disposizioni di cui al D.Lgs. 368/2001, che sia consentita una solo proroga.
Tale novità si applica anche ai contratti sottoscritti prima dell’entrata in vigore del decreto n. 76/2013 aventi durata inferiore ai 12 mesi e purché non siano ancora scaduti.
La normativa appena analizzata non è assimilabile ai contratti stipulati con i lavoratori in mobilità i cui contratti sono sempre senza motivazione e per periodi non superiori a 12 mesi.
Un’importantissima novità, inoltre, riguarda la maggiore autonomia che viene attribuita ai contratti collettivi nazionali nonché aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali di datori di lavoro e lavoratori maggiormente rappresentativi sul piano nazionale, di prevedere deroghe in merito alla possibilità di introdurre nuove ipotesi di stipula del contratto acausale ed addirittura, in un prossimo futuro, anche prevedere la possibilità di aumentare il limite massimo dei 12 mesi.
Rimanendo in tema di contratto a tempo determinato, il governo Letta è intervenuto, inoltre, ripristinando il termine, necessario tra un contratto a tempo determinato ed il successivo, di 10 e 20 giorni previsto dalla Legge Fornero.
Pertanto, i datori di lavoro che assumono a tempo determinato (premesso che hanno a disposizione una proroga) possono riassumere a tempo determinato lo stesso lavoratore a termine dopo 10 giorni se il rapporto di lavoro, compreso di proroga, è stato inferiore a sei mesi, oppure dopo 20 giorni se il rapporto di lavoro è stato superiore a 6 mesi. Bisogna in ogni caso specificare la causale tecnica, produttiva, organizzativa o sostitutiva che giustifica questo nuovo rapporto.
Infine, altro istituto, differente dalla proroga del termine, è la prosecuzione del rapporto oltre la scadenza. Qualora il rapporto di lavoro continui dopo la scadenza del termine oltre 30 giorni (se il contratto ha un durata inferiore a 6 mesi) o oltre 50 giorni (se il contratto ha una durata superiore a 6 mesi), il contratto s’intenderà a tempo indeterminato ab origine.
Ultima modifica che vi segnalo riguarda al soppressione dell’obbligo di comunicare al Ministero del Lavoro la prosecuzione del rapporto di lavoro.
Palermo, 5 settembre 2013 Dott. Angelo Pisciotta