Il 19 ottobre 2010 è stato approvato il collegato al lavoro contenente numerose novità in materia di rapporti di lavoro.
Tra le più importanti novità, vi è quella prevista all'art. 31 dello stesso collegato al lavoro concernente la conciliazione e l'arbitrato
Per ciò che riguarda il tentativo di conciliazione, il nuovo testo prevede la perdita della caratteristica dell'obbligatorietà, divenendo d'ora in avanti facoltativo. L'obbligatorietà resta, invece, per i contratti certificati, la cui impugnazione deve essere rivolta alla commissione che ne ha emesso la certificazione.
Non essendo più obbligatorio, restano tre possibili strade alternative da seguire, oltre a quella relativa al non intraprendere alcuna azione: la prima consiste nello rivolgersi alla commissione di conciliazione in sede sindacale, la seconda consiste nell'affidare alla stessa commissione di conciliazione la risoluzione della lite in via arbitrale, la terza consiste nel proporre ricorso in tribunale.
Mentre nel tentativo di conciliazione la commissione tende a far raggiungere un accordo tra le parti cercando di mediare la controversia, nell'arbitrato, la stessa commissione di conciliazione in veste di arbitro, prende delle decisioni.
Per ciò che concerne la prima azione, la richiesta deve contenere sia le ragioni di fatto sia le ragioni di diritto. L'eventuale rifiuto o il fallimento del tentativo di conciliazione, determinano la possibilità di ricorrere all'impugnazione del licenziamento entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione dell'atto scritto, scaduto il quale viene meno la possibilità di ricorrervi in futuro. Se la controparte accetta la conciliazione, deve depositare entro 20 giorni dal ricevimento della richiesta una memoria difensiva presso la DPL ( Direzione Provinciale del Lavoro ).
In merito al secondo punto, invece, le parti che hanno già proposto tentativo di conciliazione possono, in attesa dell'udienza chiedere che la lite venga risolta dalla stessa commissione di conciliazione in via arbitraria, fermo restando il termine per l'emanazione del lodo entro 60 giorni. Si tratta di arbitrato irrituale, che ha valore di negozio giuridico, non impugnabile anche quando deroghi alla legge o ai contratti collettivi.
La terza e ultima azione fa riferimento alla possibilità di ricorrere direttamente al tribunale ordinario, tenendo però conto delle conseguenze derivanti sia dal tentativo di conciliazione sia dall'arbitrato.
Il collegato non precisa però se il termine di deposito del ricorso o della richiesta di conciliazione fissato in 270 giorni dalla scadenza dei 60 giorni, ovvero di 330 giorni dal licenziamento, possano ridursi qualora il licenziamento venga impugnato prima della scadenza dei 60 giorni, scaduti i quali non si potrà più intraprendere alcuna causa.
Restiamo pertanto, in attesa di chiarimenti circa quanto detto sopra.