Circolare 20 – Istituito il codice tributo per il credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda

Circolare 20 – Istituito il codice tributo per il credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda

Spett.li Clienti

Oggetto: istituito il codice tributo per il credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda (art.28 DECRETO-LEGGE 19 maggio 2020, n. 34;

 

L’art.28 del decreto legge Rilancio per contrastare gli effetti negativi delle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica, prevede un credito d’imposta sui canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo.

L’agevolazione è destinata ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, indipendentemente dal regime contabile adottato, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel 2019.

Tra i soggetti beneficiari sono inclusi i soggetti che adottano il regime forfettario e le imprese agricole.

Le strutture alberghiere e agrituristiche, quelle con codice ATECO che inizia con numero 55, possono beneficiarne a prescindere dal volume di ricavi dell’anno precedente e anche se svolgono attività stagionale. Restano esclusi i soggetti che svolgono attività di impresa in modo occasionale che producono redditi diversi.

Il credito d’imposta è pari al 60% del canone mensile di locazione dei mesi di marzo, aprile e maggio 2020. Per le strutture turistico ricettive con attività solo stagionale, invece sarà commisurato con riferimento all’importo versato per ciascuno dei mesi di aprile, maggio e giugno.

In particolare, è riconosciuta, ai soggetti aventi i requisiti già menzionati, la possibilità di poter usufruire di un credito di imposta pari al 60 per cento dell’ammontare mensile del canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili a uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo.

Il legislatore ha, dunque, assimilato alla locazione, anche l’ipotesi in cui il bene è condotto sulla base di un contratto di leasing e rientrano nella disposizione qui in commento anche le ipotesi in cui l’affitto d’azienda includa la concessione in locazione o godimento di almeno un immobile.

Il credito d’imposta spetta anche in relazione ai canoni dei contratti di servizi a prestazioni complesse o di ramo d’azienda, comprensivi di almeno un immobile ad uso non abitativo destinato allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, ecc.

Inoltre, rientrano nell’ambito di applicazione del credito, qui in commento, anche gli immobili adibiti promiscuamente all’esercizio dell’arte o professione e all’uso personale o familiare del contribuente che sono ammortizzabili. Ne consegue che, il credito di imposta è riconosciuto sul 50 per cento del canone di locazione.

Il credito d’imposta spetta a condizione che il contribuente abbia subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel mese di riferimento di almeno il 50% rispetto allo stesso mese dell’anno 2019. Quindi, marzo 2019 (rispetto a marzo 2020), aprile 2019 (rispetto ad aprile 2020) e maggio 2019 (rispetto a maggio del 2020), cui vanno sommati i corrispettivi relativi alle operazioni effettuate in detti mesi non rilevanti ai fini IVA.

Il calo del fatturato o dei corrispettivi deve essere verificato mese per mese. Quindi può verificarsi il caso, ad esempio, che spetti il credito d’imposta solo per uno dei mesi elencati.

Il credito d’imposta è pari al 60 per cento del canone locazione degli immobili ad uso non abitativo; e al 30 per cento del canone nei casi di contratti di affitto d’azienda.

È necessario che il canone sia stato corrisposto per poter fruire del credito. Nel caso in cui il canone non sia stato corrisposto la possibilità di utilizzare il credito d’imposta resta sospesa fino al momento del pagamento. Nel caso di riduzione dei canoni da corrispondere è necessario considerare le somme effettivamente versate.

Nel caso in cui le spese condominiali siano state pattuite come voce unitaria all’interno del canone di locazione e tale circostanza risulti dal contratto, si ritiene che anche le spese condominiali possano concorrere alla determinazione dell’importo sul quale calcolare il credito d’imposta.

Il credito d’imposta è utilizzabile:

  1. in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241;
  2. nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa; o, in alternativa
  3. può essere ceduto:

a) al locatore o al concedente;

b) ad altri soggetti, compresi istituti di credito e altri intermediari finanziari, con facoltà di successiva cessione del credito.

L’inquilino può, quindi, cedere il bonus “in conto canone”, scalandolo cioè dal dovuto, senza dover versare la somma per intero. Ad esempio, su un canone di locazione di 1.000, il conduttore potrà pagare al proprietario 400 in denaro e 600 sotto forma di bonus fiscale. Servirà l’accordo del locatore, ma la necessità di pagare comunque la differenza in denaro e la possibilità di usare il bonus per compensare l’acconto Imu potrebbero conciliare gli interessi delle parti.

Al fine di consentire l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta, tramite modello F24, è stato istituito il codice tributo: “6920” denominato «Credito d’imposta canoni di locazione, leasing, concessione o affitto d’azienda articolo 28 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34».

Nei casi di utilizzo diretto da parte del locatario, il credito spettante e i corrispondenti utilizzi andranno indicati nel quadro RU della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale la spesa relativa ai canoni agevolabili si considera sostenuta, specificando sia la quota utilizzata in dichiarazione sia la quota compensata tramite modello F24.

Infine, in base al dettato contenuto nel decreto, il credito d’imposta in questione non concorrerà alla formazione del reddito, al valore della produzione ai fini Irap, ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 1 del TUIR, né ai fini del rapporto di deducibilità dei componenti negativi, di cui all’articolo 109, comma 5, del TUIR.

Naturalmente, l’amministrazione finanziaria verificherà in capo al cedente l’esistenza dei presupposti, delle condizioni previste dalla legge per usufruire dell’agevolazione, la corretta determinazione dell’ammontare del credito e il suo esatto utilizzo. Nel caso in cui si riscontri la mancata sussistenza dei requisiti si procederà al recupero del credito fruito; nei confronti del cessionario, verificherà l’utilizzo irregolare in misura maggiore rispetto all’ammontare ricevuto in sede di cessione.

Palermo 7 giugno 2020
Avv. Dott. Angelo Pisciotta