Anche l’impiego di cittadini stranieri senza permesso di soggiorno fa scattare la responsabilità amministrativa per le società

Anche l’impiego di cittadini stranieri senza permesso di soggiorno fa scattare la responsabilità amministrativa per le società

Con l’entrata in vigore del D.lgs. 190 del 16 luglio 2012 sono stati ampliati i presupposti che possono fare scattare la responsabilità amministrativa delle società. Infatti, dopo gli illeciti ambientali, inseriti nel 2009, ora anche l’impiego di clandestini, da parte del datore di lavoro, fa scattare la responsabilità amministrativa per le società.

Si ha la responsabilità amministrativa quando le società di capitali o di persone, e le associazioni anche prive di personalità giuridica, devono rispondere delle sanzioni per i reati compiuti da vertici aziendali.

Pertanto, durante la sua attività, la società può incorrere nella responsabilità civile e amministrativa. Essa non può incorrere in responsabilità penale per gli atti compiuti in suo nome e per suo conto dagli organi interni, in quanto, come disciplinato dall’art. 27 della Costituzione, la responsabilità penale è personale.

La società può essere chiamata a rispondere per violazioni amministrative in materia fiscale, del lavoro ed ambientale. Pertanto, se una persona fisica, legata alla società, che ricopre determinate posizioni all’interno di essa (gestione, rappresentanza o amministrazione) commette un reato penale a vantaggio o nell’interesse della società, anche la società è responsabile per gli illeciti amministrativi dipendenti da questi reati.

Il  decreto legislativo 231 del 2001, sulla disciplina della responsabilità amministrativa delle società, aveva introdotto una serie di responsabilità per reati commessi nell’interesse o a vantaggio della società da parte di persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione e di gestione della società.

Con il D.lgs. 190 del 2012, sono stati introdotti altri reati, commessi da soggetti legati alla società, che fanno scattare la responsabilità di quest’ultima. Si tratta delle ipotesi dei reati commessi dal datore di lavoro che assume, alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno; con permesso di soggiorno scaduto e non rinnovato; oppure con permesso di soggiorno revocato o annullato.

In caso  di accertamento, oltre al procedimento penale, cui andrà incontro il datore di lavoro, sarà applicata anche una sanzione, nei confronti della società, proporzionata al reato commesso, entro il limite massimo di 150.000,00 euro.

L’irregolarità derivante dall’impiego di cittadini stranieri irregolari è l’ultimo dei reati da cui può scaturire la responsabilità amministrativa per la società. Infatti, nel 2011 è stata la volta dei reati ambientali e nel 2009 erano stati inseriti i reati di criminalità organizzata, i delitti contro l’industria e il commercio, i reati derivanti dalle violazioni dei diritti d’autore. Mentre, nel 2007, erano stati inseriti i reati per le violazioni penali in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.

Per prevenire la responsabilità amministrativa della società è necessario che la società riesca a dimostrare la sussistenza di quatto condizioni:

  1. che l’organo dirigente abbia attuato, prima della commissione del fatto, un adeguato modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire il verificarsi di tali reati;
  2. di avere affidato ad un organo di vigilanza interno il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del modello organizzativo;
  3. che le persone che hanno commesso il reato hanno agito eludendo fraudolentemente tale modello;
  4. che non c’è stata omessa o insufficienza vigilanza da parte del suddetto organo.

Tale modello di organizzazione, gestione e controllo è un atto, predisposto dall’organo dirigente della società, capace di eliminare, ridurre o prevenire i rischi di commissione dei reati. Tale modello deve essere in grado di individuare le attività in cui possono essere commessi i reati, introdurre le sanzioni disciplinari per il mancato rispetto delle misure indicate nel modello, e prevedere obblighi di informazione dell’organo di vigilanza.

Appare, quindi, opportuno se non addirittura necessario, anche in un’ottica in cui il modello organizzativo sia considerato dai terzi (clienti, fornitori, banche, ecc.) una competenza distintiva aggiuntiva che fa aumentare la credibilità dell’azienda sul mercato, dotarsi di tale modello di organizzazione, gestione e controllo.

Palermo, 21 settembre 2012                                                            

Angelo Pisciotta