Il Decreto Lavoro D.L. 48/2023, pubblicato in G.U. il 4 maggio 2023, prevede, all’art. 24, importanti modifiche della disciplina sui contratti di lavoro dipendente a tempo determinato. Il contratto a tempo determinato è un contratto di lavoro subordinato nel quale è prevista una durata predeterminata, mediante l’apposizione di un termine.
Al fine di contenere l’utilizzo, e di evitare l’abuso, di questa tipologia contrattuale, la L. n. 92/2012 prevede che “Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”, con ciò evidenziando l’eccezionalità del contratto a tempo determinato.
Le modifiche apportate dal D.L. 48/2023 riguardano in particolar modo le causali che legittimano la prosecuzione del rapporto di lavoro oltre i 12 mesi.
Breve excursus sulla normativa
La normativa sul contratto a termine ha subito numerose modifiche negli ultimi anni. Le prime variazioni sono state apportate dal Jobs Act, ovvero dal D.lgs. 81/2015, con il quale veniva innalzato il limite della durata massima del contratto a termine fino a 36 mesi, con un numero massimo di 5 proroghe nell’arco dei 36 mesi e l’abolizione dell’obbligo di specificare la causale nei contratti a tempo determinato.
Il Decreto Dignità D.L. 87/2018 apporta diverse modifiche al Jobs Act. La durata massima del contratto a termine dai precedenti 36 mesi viene fissata in 12 mesi, senza obbligo di causale, c.d. contratto a-causale, ma consente di estendere il contratto fino a 24 mesi, ma con un massimo di 4 proroghe nell’arco dei 24 mesi ma con l’obbligo di inserire la causale.
Quindi, si rende necessario inserire una causale in tutti i seguenti casi:
- qualora il primo contratto a termine sia di durata superiore ai 12 mesi;
- proroga di un contratto a termine in essere, per una durata superiore ai 12 mesi;
- rinnovo di un contratto a termine con il medesimo lavoratore.
Le causali previste dal Decreto Dignità sono:
- esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività;
- causale sostitutiva;
- esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
Cosa cambia con il Decreto Lavoro
Con la pubblicazione del Decreto Lavoro (D.L.48/2023) entrato in vigore il 5 maggio 2023 è stata prevista una nuova regolamentazione per i contratti a termine.
La variazione non riguarda i limiti temporali del contratto, che ricordiamo non deve superare i 24 mesi, con un massimo di 4 proroghe nell’arco dei 24 mesi, ma riguarda l’art.19 del D.lgs. 81/2015, ovvero le causali legittimanti la prosecuzione del contratto oltre i 12 mesi.
L’art.24 del Decreto Lavoro, modificando le precedenti causali, prevede che si possa proseguire il contratto a tempo determinato oltre i 12 mesi fino a 24 mesi:
- nei casi previsti dai contratti collettivi, art.51 D.lgs. 81/2015, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ovvero dalle rappresentanze sindacali aziendali o dalla rappresentanza sindacale unitaria, come previsto dal D.lgs. 81/2015;
- in assenza di previsione della contrattazione collettiva di cui alla lettera a), per specifiche esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuata dalle parti, ossia datore di lavoro e lavoratore, che dovranno espressamente essere inserite nel contratto individuale; in questo caso la causale sarà operativa dal 5 maggio 2023, data di entrata in vigore del Decreto, fino al 30/04/2024;
- esigenze sostitutive di altri lavoratori, resta invariato il ricorso al contratto a tempo determinato per la durata di assenza del lavoratore (max 24 mesi) e per lo svolgimento della stessa mansione lavorativa;
Quindi, escludendo l’ipotesi della sostituzione di altri lavoratori che già giustifica l’estensione del contratto a tempo determinato, un datore di lavoro che volesse rinnovare o prorogare un contratto a tempo determinato oltre i 12 mesi dovrebbe, preliminarmente, verificare se i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali applicati disciplinano questo aspetto.
In assenza di tali previsioni nei contratti collettivi, i singoli datori di lavoro dovranno gestire tali rinnovi e proroghe in accordo con i dipendenti interessati, concordando per iscritto le ragioni che rendono necessario il nuovo rapporto. Si tratta di una strada più difficoltosa rispetto alle previsioni dei contratti collettivi, perché bisognerà definire in modo chiaro quali sono le «esigenze tecniche organizzative e produttive» che giustificano la proroga o il rinnovo.
Per la corretta individuazione di queste esigenze, non ci si potrà discostare dai criteri elaborati in passato dalla giurisprudenza. È fondamentale, quindi, evitare descrizioni generiche, formule di stile o clausole scollegate dalla realtà aziendale; bisognerà invece descrivere in modo preciso e dettagliato quale siano le esigenze di natura tecnica, produttiva o organizzativa che il lavoratore dovrà soddisfare tenendo anche conto di una possibile prova giuridica da produrre in tal senso in caso di contenzioso. Invece, non sarà più necessario indicare un’esigenza imprevista o imprevedibile, come richiedeva il decreto Dignità.
Nessuna variazione è intervenuta sia per quel concerne la percentuale massima dei contratti stipulabili, sia per i contratti stagionali.
Infine, si segnala che restano esclusi dalle novità del Decreto Lavoro i contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni nonché ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle università private, incluse le filiazioni di università straniere, istituti pubblici di ricerca, società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa, per i quali la normativa di riferimento resta quella anteriore al Decreto Dignità.
Palermo, Roma, 22 maggio 2023
Avv. Dott. Angelo Pisciotta