Attraverso la procedura di infrazione 2014/4075 che si occupa dell’imposta di registro sull’acquisto della prima casa in Italia da parte di cittadini comunitari, l’Unione europea ha avanzato dei dubbi in merito alla previsione contenuta all’interno della parte dove viene previsto che può essere applicata l’imposta di registro nella misura del 2 per cento se l’acquirente dell’abitazione, cittadino italiano, si dovesse trasferire all’estero per ragioni di lavoro.
La nota II-bis della Tariffa, allegata al DPR n. 131 del 1986, individua le condizioni necessarie affinché l’acquirente possa usufruire dell’agevolazione prima casa che consiste nella applicazione della più favorevole imposta di registro in misura proporzionale nella misura del 2 per cento ovvero, in caso di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, dell’aliquota IVA ridotta al 4 per cento.
Una condizione stabilita dalla sopraccitata nota II-bis, è quella dell’immobile che deve essere ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto.
Nell’atto di acquisto, l’acquirente deve dichiarare di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di un’altra casa di abitazione all’interno del territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare.
Come già detto, la nota II-bis della Tariffa, parte prima, allegata al DPR n. 131 del 1986 , stabiliva letteralmente, prima dell’intervento del decreto-legge n. 69 del 2023, che «l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquistato come prima casa sul territorio italiano».
Con l’articolo 2 del decreto-legge n. 69 del 2023, si interviene proprio sulla parte dell’acquirente trasferito all’estero: da quanto si legge nella relazione illustrativa al decreto, ciò che viene contestato a livello europeo è che «non risulta sufficientemente identificato lo status di migrante che non potrebbe essere collegato alla cittadinanza italiana».
Per cercare di risolvere questo problema, nella nuova formulazione del periodo della norma incriminato, viene previsto che dell’agevolazione prima casa possano godere anche i soggetti che risultano avere un legame con l’Italia di natura lavorativa, pur essendo stati costretti ad allontanarsi dal paese per motivi lavorativi.
La nuova disposizione prevede, infatti che l’immobile oggetto dell’agevolazione prima cassa si debba trovare nel comune di nascita o in quello in cui aveva la residenza o svolgeva la propria attività prima del trasferimento il soggetto acquirente, nel caso in cui egli si sia trasferito all’estero per ragioni di lavoro e abbia risieduto o svolto la propria attività in Italia per almeno cinque anni.
Palermo, Roma, 10 luglio 2023
Avv. Dott. Angelo Pisciotta