Il contratto a chiamata, meglio conosciuto come contratto di lavoro intermittente, è stato istituito con il D.Lgs 276 \ 2003, e non è altro che il contratto, mediante il quale il lavoratore si mette a disposizione del datore di lavoro per svolgere prestazioni a carattere discontinuo.
Il contratto di lavoro intermittente, può essere concluso solo se, il CCNL ha individuato le attività per le quali è possibile ricorrere a tale forma contrattuale; a tal proposito è però intervenuto il Ministero del Lavoro che con D.M. 23 ottobre 2004, ha stabilito che è possibile far ricorso ai contratti di lavoro intermittente anche per quelle attività elencate nella tabella allegata al regio decreto 2657 \ 1923; nonchè per lo svolgimento della prestazione lavorativa durante i fine settimana, le ferie estive o le vacanze natalizie e pasquali.
Tale contratto è, in ogni caso, sempre ammesso per quei soggetti con meno di 25 anni di età o con più di 45 anni e per i pensionati.
Il contratto di lavoro intermittente, può essere stipulato sia a tempo indeterminato, sia a tempo determinato. Qualora venga stipulato a termine, potrà essere prorogato o rinnovato senza limiti di tempo e senza le limitazioni inerenti alle ragioni tecniche, organizzative, produttive e sostitutive, così come non sarà necessario il rispetto dell'intervallo minimo di tempo previsto per i contratti a termine in caso di riassunzione o di nuova assunzione.
Nel ricorrere a tale forma contrattuale, bisogna però ricordare, che vi sono dei divieti nella stipula degli stessi, per ciò che concerne la sostituzione di lavoratori in sciopero, l'assunzione di lavoratori aventi le stesse mansioni di coloro che sono stati oggetto di licenziamenti collettivi all'interno di unità produttive nei sei mesi precedenti, e per la sostituzione di coloro che sono interessati dalla riduzione dell'orario di lavoro con diritto all'integrazione salariale.
Tale contratto, può prevedere sia l'obbligo di rispondere alla chiamata, sia l'assenza di tale obbligo. Nel primo caso, il datore di lavoro è obbligato a corrispondere al lavoratore un'indennità di reperibilità che non può essere inferiore al 20% della retribuzione globale di fatto, oltre ai ratei di mensilità aggiuntivi. In caso di rifiuto della chiamata da parte del lavoratore, il datore di lavoro potrà risolvere il rapporto, fermo restando la restituzione da parte del lavoratore dell'indennità di disponibilità riferita al periodo successivo.
Sull'importo dell'indennità, sono dovuti i contributi previdenziali, che vengono calcolati sull'ammontare effettivo dell'indennità corrisposta al lavoratore. Nel caso in cui, invece, non viene corrisposta alcuna indennità non sono, naturalmente, dovuti i contributi su tale importo.
Per tale tipologia contrattuale, quindi, il datore di lavoro è obbligato così come per la generalità dei contratti di lavoro a comunicare l'assunzione al Centro per l'Impiego almeno un giorno prima dell'inizio dell'attività lavorativa, e a redigere il libro unico del lavoro.