TFR e previdenza complementare – LA PORTABILITA? DEI FONDI

TFR e previdenza complementare – LA PORTABILITA? DEI FONDI

Continuiamo ad affrontare, le novità in tema di Trattamento di Fine Rapporto e di previdenza complementare. In particolare, sarà esaminato l?aspetto della portabilità dei fondi, ovvero la possibilità cambiare fondo previdenziale e di conseguenza ?spostare?, da un fondo ad un altro, i contributi già versati.

Il lavoratore che cambia occupazione può ?portare con sé? la posizione accumulata presso un fondo di previdenza complementare. L?importo maturato si può trasferire anche quando i settori di attività sono diversi ed in ognuno di essi esiste ed opera una diversa forma di previdenza complementare.

In linea generale, gli statuti e i regolamenti dei fondi prevedono che la posizione individuale possa essere spostata da una forma pensionistica complementare ad un?altra solo se sono trascorsi due anni dall?adesione al fondo. Tutte le limitazioni a tale diritto, come ad esempio costi di trasferimento, che possono penalizzare l?uscita dal fondo, sono considerate inammissibili.

I fondi devono anche prevedere la portabilità della posizione previdenziale maturata se vengono meno i requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare. Il caso classico è il lavoratore che, transitando da un datore di lavoro all?altro, accede ad un settore dove opera un fondo di previdenza complementare diverso. In questo caso è prevista una deroga al limite minimo di permanenza di due anni

Il trasferimento della posizione previdenziale maturata ad un altro fondo, non solo non è soggetta a costi, ma non è soggetta neanche a tassazione.

Oltre al trasferimento presso un altro fondo, il lavoratore, a certe condizioni, può chiedere il riscatto delle somme maturate. Il riscatto può essere esercitato in misura parziale, fino al 50% della posizione individuale maturata, se, dalla fine dell?attività lavorativa, deriva un periodo di non occupazione di almeno 12 mesi e non superiore a 48. In caso di invalidità permanente, da cui deriva una riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo, il lavoratore può riscattare anche il 100% della posizione individuale maturata.